Palma d’Oro a Cristian Mungiu
Il festival di Cannes ha decretato anche quest’anno il vincitore dell’evento cinematografico più famoso al mondo: questa volta il premio è spettato a Cristian Mungiu, regista rumeno che ha saputo dare lezioni ai suoi colleghi americani e non, parlando di un aborto illegale eseguito in Romania. La presenza del cinema rumeno in questo festival ha indubbiamente sorpreso la giuria internazionale, ma il film dal titolo “4 mesi, 3 settimane, 2 giorni” ha comunque indistantamente trovato critiche più che favorevoli.
Il film è incentrato sul dramma morale dell’aborto e il silenzioso sconvolgimento di un gesto visto come solutivo di una spiacevole situazione e che invece si rivela profondamente traumatico per la madre. Un tipo di cimena, quello rumeno che si è presentato quest’anno, che attrae eppure sconvolge mettendo in difficoltà quello occidentale, soprattutto quello americano. E’ stata proprio questa una delle novità del festival: molti, moltissimi sono stati premiati, ma ci sono state davvero poche soddisfazioni per i registi americani che sono tornati a casa con pochi premi vedendo la rinascita del cinema dell’Est.
Per il regista Cristian Mungiu questa è stata più che altro una prova di forza da parte del cinema rumeno e, proprio come ha spiegato il vincitore del premio, si augura che sia solo un punto di partenza per dar spazio all’arte che il suo Paese può offrire e superare quella diffidenza che spesso appesta le novità che vengono dalla Romania a causa dei budget ridotti e attori praticamente sconosciuti.
Senza dubbio lo schiaffo morale c’è stato.
Anche perchè la Romania ha fatto doppietta. Oltre a Cristian Mungiu infatti, un altro importante premio, quello del Un Certain Regard, è stato vinto, come si pronosticò all’inizio dell’evento, dello scomparso regista Cristian Nemescu col film California Dreamin nel quale, durante la guerra in Kosovo, in una stazione ferroviaria si ferma un convoglio della NATO dando vita ad un incontro-scontro tra culture diverse quali quella americana e quella di un piccolo villaggio rumeno. Il film rimane come un accorato testamento del regista morto all’età di 27 anni, carico di fiducia nel futuro, di voglia di vivere e totalmente spoglio di quella fatalità, dramma e lo scetticismo che caratterizza le pellicole rumene.
Onore ai vinti comunque, che, essendo i soliti noti, hanno già collezionato schiere di premi e a cui non fa male ritrovare un po’ di sano agonismo per diventare più motivati.
Per il resto i festeggiamenti sono stati semplici e raffinati nel tipico stile del Festival, tanta allegria, rispetto e un pizzico di commozione. Tutto come da copione.
Ancora un elogio al regista Cristian Mungiu che ha dato un gran bello start al cinema rumeno.
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